1. NETTEZZA URBANA
Perché gli spazzini sono costretti a pulire la merda di tutti?
L'opinione dell'Autore
S pazzino, netturbino, operatore ecologico. Ricordo quand’ero ragazzo, un po’ di anni fa, che la quasi totalità delle persone, uomini e donne indistintamente, incrociando uno spazzino concentrato nel suo lavoro cambiavano marciapiede turandosi il naso. Si dirà che reagivano istintivamente al cattivo odore che il lavoratore spazzando stimolava suo malgrado. Notai però che lo stesso comportamento si manifestava quando il lavoratore spazzava e raccoglieva soltanto foglie secche che non producono odore. Capii allora che le persone non fuggivano solo dal cattivo odore ma anche dallo spazzino. Da ciò che lui rappresentava. Un individuo collocato in basso, sull’ultimo gradino della scala sociale. Un individuo umile, disprezzabile, titolare di una funzione maleodorante. Oggi, nel ventunesimo secolo, la categoria degli spazzini può fregiarsi della denominazione dignitosa di operatore ecologico e della constatazione che nella loro categoria operano per necessità anche dei laureati. Ma l’operatore ecologico resta suo malgrado incatenato all’ultimo gradino della scala sociale. Resta colui che pulisce e smaltisce la merda di tutti.
Voi, borghesi ricchi o benestanti, invitereste uno spazzino alla vostra tavola? O ad una vostra festa? Consentireste che una vostra figlia sposasse uno spazzino? Rinuncio alla mia opinione su questi interrogativi: mi parrebbe un’ovvietà. Propongo invece qualche riflessione: immaginiamo che per un intero anno ininterrottamente tutti gli spazzini incrocino le braccia per protesta e si rifiutino di smaltire la merda prodotta dal Paese. Cosa accadrebbe? Che le strade delle città e dei paesi si riempirebbero di cumuli di immondizia disegnando un paesaggio irregolare di collinette multicolori puzzolenti sempre più elevate. Che la viabilità diventerebbe ogni giorno più improbabile per la necessità di individuare percorsi praticabili persino dai pedoni.
Che l’aria si impregnerebbe di miasmi velenosi produttivi di disturbi e malattie respiratorie molto serie. Per alcuni mesi questo fenomeno si è realizzato, in Italia, nella città di Napoli e provincia, mostrando quanto la realtà possa essere più dura della più scatenata immaginazione. Fu la paralisi di ogni attività della vita sociale: chiusero scuole, uffici, enti istituzionali, trasporti pubblici. Entrarono in funzione servizi di emergenza per consentire un minimo di mobilità, di rifornimento di cibo e merci e di interventi sanitari di pronto soccorso. Nacquero gruppi di protesta di cittadini esasperati con blocchi stradali e ferroviari e con un arcipelago di incendi di immondizia. Di notte la visione di quei fuochi a perdita d’occhio metteva i brividi, creava angoscia per una pesante sensazione di lugubre e di infernale. Quei fuochi per miglia e miglia impregnarono l’aria di fumi tossici e favorirono l’insorgere di malattie e disturbi respiratori piuttosto seri. I vigili del fuoco, poveretti, impegnati fino all’esaurimento di ogni umana energia, mostrarono segni di impotenza. Perché ogni giorno ai fuochi esistenti si aggiungevano nuova immondizia e nuovi fuochi. Il governo in carica fece intervenire l’esercito. E malgrado l’esercito la normalità della vita quotidiana faticò ancora a lungo a reinsediarsi a Napoli e provincia. E stiamo parlando di una piccola porzione del territorio nazionale. Se quanto accaduto accadesse nell’intero territorio italiano possiamo credibilmente pensare che non basterebbe l’intervento di dieci eserciti a risolvere il problema nazionale. Smaltire per le strade la merda sparsa ovunque e decomposta di sessanta milioni di persone è un’impresa titanica per qualunque Stato.
Ma nella nostra ipotesi allo smaltimento dovrebbe fare seguito un’operazione radicale di bonifica del territorio. Parliamo di un intero territorio nazionale. [devider eight=20] Propongo una seconda riflessione: immaginiamo che quasi in contemporanea con lo sciopero ad oltranza degli spazzini pubblici incrocino le braccia anche il personale di tutti i servizi privati di pulizia e i domestici stabili delle famiglie facoltose. Una protesta di necessità e di solidarietà con i primi. Ebbene? Che la merda a seconda del grado di nobiltà o del censo sia d’oro, o d’argento, o di platino, o di rame, o di bronzo, sempre merda è. Le nobildonne e le gran dame di società sarebbero costrette tra smorfie di angoscia e di disgusto ad immergere nella merda le loro mani delicate indossando, suppongo, lunghi guanti di raso. Le riflessioni proposte a qualcuno potrebbero suggerire un’immersione nel mondo della fantascienza, ma più volte la realtà ha spiazzato la nostra capacità di immaginazione.
Due esempi tra tanti: il crollo verticale delle Torri Gemelle di New York e l’ultimo devastante tsunami di Fukushima sofferto dal Giappone. Opera dell’uomo il primo, opera della natura il secondo. Questo secondo evento più prevedibile del primo. A questo punto è d’obbligo chiedersi quale è il senso di questo perché. Perché migliaia di uomini e di donne devono essere costrette, e forse per tutta la loro vita lavorativa, a pulire la merda di tutti? Non sarebbe auspicabile e giusto che il servizio di nettezza urbana fosse nazionalizzato e divenisse un servizio sociale obbligatorio per tutti i cittadini? Che tutti i cittadini, dico tutti, pena sanzioni severe, fossero inseriti in periodi di turnazione lavorativa di almeno sei mesi? Che tutti i cittadini, dico tutti, sperimentassero nel concreto impegno personale quotidiano in quale misura un lavoro iperdegradato dal pregiudizio e dalla ignoranza collettiva si riveli al contrario una funzione di altissimo valore e utilità sociale?
Un servizio esemplare reso al bene comune? [devider eight=20] Ebbene qualcuno può credere che un governo e un parlamento democratici possano essere capaci di un’operazione legislativa tanto impopolare? Il mio scetticismo viscerale mi impedisce di esprimere un’opinione. Nell’impossibilità quindi di realizzare oggi un atto di così vera civiltà, in attesa di un tempo nuovo in cui pensiero ed azione restituiscano alla parola uguaglianza la giusta forza per raddrizzare le troppe e inaccettabili distorsioni della società contemporanea, si potrebbe ricorrere ad un espediente normativo di parziale giustizia sociale: portare salari e stipendi della nettezza urbana al livello dello stipendio del primo Presidente della Corte di Cassazione. Senza alcuna differenza remunerativa tra dirigenti e subordinati, in virtù del principio sostanziale che il dirigente investito del ruolo di comando e di guida ha nella sua posizione gerarchica ricevuto di fatto il suo riconoscimento e il suo premio meritocratici. Questo espediente normativo risulterebbe miracoloso: se il danaro è un dio malefico, come più volte ha denunciato il capo del cattolicesimo mondiale, Papa Francesco, il dio danaro infallibilmente alleggerirebbe quasi del tutto la schiena e la sensibilità dello spazzino dall’enorme peso dell’umiliazione da pregiudizio sociale.